NUOVO MILLENNIO  

Il riscaldamento del pianeta. Un imbroglio.

La crociata













La crociata contro il riscaldamento climatico è una crociata carica di impegno nobile, ma non consapevole delle sue radici culturali.
Il riscaldamento del pianeta è in atto da migliaia di anni, e non riusciremo mai a farci niente perché legato all’espansione dell’universo.
Ma da qualche tempo sembra che la colpa sia attribuibile solo alle emissioni di anidride carbonica.
Le prime imputate sono la grande città, la grande industria e la sovrappopolazione, oltre che gli allevamenti animali.
Nell’assegnare loro un ruolo negativo, collegato ai fatti ben noti delle condizioni di vita nelle città, all’inquinamento, allo stress, ci si muove verso un mondo con meno industria e meno lavoro e meno popolazione.
Infatti, Le soluzioni proposte sono il controllo globale delle nascite, una vita vegetariana e la diminuzione della produzione industriale.
È pur vero che l’epoca industriale si è sviluppata con una irruenza tumultuosa, con obiettivi di grandezza e di smisurata ambizione, ha generato trionfi e ha fatto vittime.
Ma il mondo è saltato avanti in pochi decenni vissuti come se fossero secoli.

Le responsabilità della sinistra.
L’attacco viene dalle sinistre ideologiche europee e anche dalle sinistre morali del Nord America, per le quali l’industria non è vista come uno strumento perfezionabile, ma semplicemente come un giocattolo rotto o un ordigno sinistro.
Ma le pseudo-soluzioni proposte significano impoverimento generale.
Ecco perchè i paesi in via di sviluppo vi si oppongono con motivazioni inoppugnabili, perché la riduzione di CO2 nei loro paesi comporterebbe un freno al già lentissimo sviluppo economico, con diminuzione di lavoro e di speranze di crescita.
La sinistra riformista non salottiera si accoda ai fondamentalisti dell’ambientalismo nella speranza di mantenere un consenso elettorale sempre più aleatorio.
Non ci si rende conto, infatti, che sposando le tesi di forte impatto demagogico di quelli, si ottiene proprio l’effetto contrario.
Naturalmente anche la grande industria interessata al business contro la CO2 entra in gioco appoggiandosi alle tesi di questo o quello scienziato, a secondo del proprio legittimo interesse produttivo .

La riduzione di CO2.
È noto a tutti che per ottenere una riduzione di CO2 che dia qualche minimo risultato occorrerebbe abbattere di oltre il 60% la produzione industriale, con le conseguenze immaginabili: l'aumento della fame nel mondo.
La risposta dei fautori di questo possibile disastro di ritorno rispondono, sì ma qualcosa bisogna pur fare.
Che il sistema meriti degli aggiustamenti, come in tutte le situazioni, sembra ovvio. Non è giustificata però l’enfasi, il fanatismo che determina addirittura scontri di piazza violenti, con una falsa rappresentazione dell’uomo che distrugge il pianeta attraverso la produzione di CO2, e la falsa rappresentazione che diminuendo la CO2 si possa modificare il clima.
Ma non c’è spazio per il ragionamento. Ci sono solo certezze!
Non si tiene in nessun conto che un problema come questo presenta un’infinità di variabili: un problema talmente complesso che non esiste al mondo un modello matematico che possa riassumerle tutte.
E le certezze circa la soluzione, considerando inoltre che anche i modelli matematici non possono avere validità sempiterna in uno scenario come questo, anzi tutt’altro, sono semplicemente semplicistiche.

I semplificazionisti.
La passione per la semplificazione di problemi giganteschi contamina le culture più ricche e complesse, perfino le religioni.
Il fondamentalismo (da quello religioso, a quello politico ideologico, a quello ambientalista) è una prova di questa spinta alla semplificazione. Dio, l’ideologia, l’ambiente, come risposta letterale totale, e non come mezzi e sostegno per affrontare e migliorare la vita, sono atteggiamenti esasperati, anche culturalmente, ignari della propria elementare inadeguatezza e fieri della propria forza che sarà fatalmente una forza ottusa.

L’opinionismo.
L’opinionismo è come una nube che offusca un quadro di conoscenze che è ben più nitido robusto e meno dogmatico di quanto si voglia far credere.
Quando ci si occupa di scienza senza cognizione di causa, si imbocca un vicolo cieco.
Viene allora il sospetto che queste campagne, che appaioni ben orchestrate (due esempi: l’articolo che ha fatto il giro del mondo e le mail), siano anche la conseguenza di una ricerca spasmodica dell’immagine, della ricerca di consensi elettorali, (nel caso della sinistra, di sostituti della ideologia perduta), più che dei contenuti.
È questa un’attitudine connaturata ai nostri tempi e che si nutre di un cattivo vezzo assai diffuso sui mezzi di comunicazione e persino nell’editoria colta: cioè l’opinionismo.
C’è infatti una sopravvalutazione del punto di vista soggettivo, che forse piace a degli ambienti diciamo così umanistici, non piace invece a chi si sforza di guardare al mondo e a noi stessi con atteggiamento razionale, sottoponendo le proprie affermazioni sulla realtà a un rigoroso controllo in base a dati sperimentali e riproducibili, ritenendo che il migliore risultato raggiungibile dalla nostra specie sia proprio il pensiero scientifico.
L’opinionismo, inteso come l’espressione di opinioni (spesso emozioni) spacciate per certezze scientifiche influenza vaste schiere di cittadini inermi di fronte alla “rispettabilità” delle fonti.
Ma l'informazione credibile deve essere attendibile-verificabile-e creativa e non assomigliare alle sparate a ruota libera che si leggono su Internet.
Il pensiero unico
L’opinionismo favorisce il dilagare del pensiero unico.
La conferenza sul clima di Copenaghen (7-18/12/2009) ha assunto caratteri grotteschi fin dall’inizio, quando sulle prime pagine di 56 quotidiani di tutto il mondo (Repubblica in Italia) è apparso lo stesso editoriale. La verità non ha bisogno del Grande Fratello, nasce dalla critica e dalle differenze; invece, come in un incubo orwelliano, l’ufficio per la propaganda sul riscaldamento globale ha dettato al giornalista collettivo lo stesso allarme:
“Ci resta poco tempo. Se non ci uniamo per intraprendere delle azioni decisive il cambiamento climatico devasterà il nostro pianeta”.
È il trionfo del pensiero uniforme in salsa apocalittica, sancito da quotidiani che hanno deciso di fare questo “passo senza precedenti” perché “l’umanità si trova ad affrontare una grave emergenza”.
Muore così la scienza come congettura e confutazione, va in stampa l’apoteosi della pratica scientifica coatta: “La domanda non è più se la causa [del riscaldamento globale] sia imputabile agli esseri umani, ma quanto è breve il tempo che abbiamo a disposizione per contenere i danni”. E ancora: “Le possibilità che abbiamo di controllare [il clima] saranno determinate dai prossimi giorni”. Discorso chiuso, non c’è niente da verificare. C’è fretta.
Il calore del sole ci distruggerà. La propaganda funzionicchia: tutti abbiamo ormai imparato le parole d’ordine, subìto la lobotomia catastrofista: i mari si alzano, i Poli si sciolgono, Londra verrà sommersa, i bambini moriranno di fame. La colpa è dell’uomo che produce CO2 (che nell’immaginario è passata dall’essere un mattone fondamentale per la vita a “pericoloso inquinante”). Chi non ripete come un mantra questi concetti è uno scettico o addirittura un “negazionista”.
A Copenaghen non si è deciso niente, ma l’ambientalista collettivo continuerà a cercare di manipolare un pensiero (questo sì globale) in cui l’amore per il mondo è andato dimenticato, confuso con una “lotta ai cambiamenti climatici” che ha da tempo assunto i crismi di una religione che fa a pugni con la realtà (es. mai così pochi uragani come nel 2009-2010, temperature che non salgono dal 1998 e ghiaccio in Antartide che aumenta) e i dubbi scientifici che ancora orbitano intorno alle teorie care ai delegati del summit danese.

Si può sommessamente dire che le previsioni vengono sistematicamente e clamorosamente smentite?
Abbiamo avuto freddo e piogge a gogò di fronte a previsioni catastrofiche di inaridimento del pianeta, e non 100 anni fa, ma 3 anni fa.
D’inverno fa più o meno, ma non tanto, freddo come sempre e d’estate fa più o meno, ma non tanto, caldo come sempre.
Una metà del mondo scientifico lo ha riconosciuto perfino a Copenaghen.
A sentire i geofisici, d’altra parte, prima che l’uomo riesca a inserirsi in modo condizionante nei rapporti speciali tra il Sole e la Terra, ce ne vogliono di emissioni.

Climategate: il più grande scandalo nella scienza moderna.
A rafforzare i forti dubbi sulla validità dello scenario proposto dai catastrofisti, ci si sono messi anche gli scienzati che si occupano del problema.
Recentemente il dibattito pubblico sul riscaldamento globale è stato scosso, infatti, da un grave scandalo, che ha avuto una scarsa rilevanza mediatica in Italia, a confronto con l’enfasi registrata sulla stampa anglo-americana.
È un’altra pietra sulla tomba dello spirito critico e vigilante, che invece, soprattutto sul Web, anche da noi, sta tentando una ribellione abbastanza simile ad una umanissima ricerca della verità.
Una serie di e-mail private mandate e ricevute da vari ricercatori della Climate Research Unit (CRU) della University of East Anglia (UEA) sono state rese pubbliche e hanno mostrato come alcuni tra i più noti climatologi del mondo si accordavano su come truccare i dati delle temperature globali.
Vari panel sono stati diffusi allo scopo di costruire e/o confermare la favoletta utopica e religiosa del creato ammalato per causa della cattiveria dell’uomo industrioso, occidentale, energetico.
Per capire l’importanza di questo scandalo bisogna ricordare che il CRU non è un piccolo centro di ricerca di provincia, ma uno dei principali centri di ricerca dietro i documenti dell’IPCC, l’Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite, le cui conclusioni e rapporti sono alla base delle trattative internazionali sul clima, da ultimo quelle praticamente fallite di Copenhagen.
Il direttore del CRU, Phil Jones, si è temporaneamente dimesso , in attesa delle conclusioni della commissione d’inchiesta voluta dall’Università per accertare eventuali violazioni di legge o condotta non-scientifica.
Va detto che questi scienziati sono sicuramente in buona fede per lo specialistico settore di propria competenza, nella impossibilità per ciascuno di essi di poter mettere a confronto “tutti” questi studi contemporaneamente, a causa delle posizioni estremistiche che accompagnano queste vicende, veri e propri fondamentalismi, il cui campione è Al Gore.
Sfogliando la stampa internazionale che si è occupata del problema, qui segnalata, meglio si comprende la gravità delle azioni messe in atto dal prof. Phil Jones.

Sito East Anglia, l’università del prof. Phil Jones,
con tutte le email incriminate pubblica
te.

commenti:

Times di Londra del 3 dic. 2009
BBC 6 dic. 2009
Guardian nov. 2009
Daily Telegraph del 21 Nov. 2009
New York Times del 20 Nov. 2009
Washington Post del 21 Nov. 2009
Sito Climate Depot
Sito BishopHill
AL GORE - PALADINO E FANATICO SOSTENITORE DELLE TESI PIU' ESTREMISTE HA FATTO MEA CULPA OGGI 28 NOVEMBRE 2010:
HO SBAGLIATO, HA DETTO!